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Si
chiamava Tarilla, l’avvenente giovinetta semplice, buona, pazientissima, orfana
di madre. Le toccava subire ogni pena che le infliggeva la perfida matrigna.
Respirava e dicevasi lieta del tempo che trascorreva sui pendii delle selve a
pascolar le bovine; ore tranquille che alternava col lavoro e la preghiera. Un
giorno se ne stava all’ombra d’un ombroso faggio mangiando un boccone di pane
nero con scarso formaggio, quando da un cespuglio sbucò fuori un grosso rospo
mirandola con due occhietti strani. Non si sgomentò ne' provò nausea. Anzi
sorridendo disse: «Tu pure hai fame! Eccoti queste briciole di pane con un
crostino di formaggio!». Il rospo la guardò in modo come se volesse
ringraziarla e sparì.
Pochi giorni appresso, al
medesimo posto, vide avvicinarsi un giovane dall’aspetto distinto, gentil
e garbato. «Buon giorno, buona fanciulla! Permettete che vi attesti tutta la
mia gratitudine pel gran fervore e la gioia che mi procuraste!». Stupita dalla
sorpresa Tarilla rispose: «Non l’ho mai visto. Come potevo io recargli un
bene?». «Si! E un gran bene: offrendo a quel rospo quel po` di pane e crostino
formaggio con bonario sorriso. Quel rospo ero io tramutato in in questa forma
per la vendetta d`una cattiva e malefica signorina, che malgrado tutte le mie
ripulse mi voleva a forza per suo fidanzato. E in quel misero stato dovevo
rimanere, finché una bella giovinetta non mi avesse offerto un po` di pane,
come voi avete fatto. Son figlio unico, ricchissimo. Volete esser la mia sposa?»
Tutta lieta Tarilla
accettò,
liberandosi infine del penoso
gioco della matrigna.
Chiara Togni (1868-1953),
lavoratrice a giornata
Roveredo, 1943
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