lunedì 6 giugno 2016

I Romani da Noi

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La scoperta delle tre tombe romane nella «Gravèra» testimonia che, nel primo e nel secondo secolo dopo Cristo, già esisteva a Roveredo un «vicus», cioè un villaggio, probabilmente abitato da gente economicamente povera e assoggettata ai conquistatori romani. Quella gente non viveva in fattorie o case sparse, ma in veri villaggi. Probabilmente la popolazione roveredana di allora già possedeva e godeva in comune pascoli, alpi e boschi e, oltre alla propria casa, già disponeva di un orto e di un po’ di terreno coltivabile.

Si ritiene pure che i conquistatori romani, come fecero altrove, non mutassero gli esistenti rapporti di proprietà e che riscuotessero i loro tributi direttamente dalle organizzazioni vicinali allora esistenti. E si ritiene pure che i Romani presenti a Roveredo ed in valle avessero raggiunto un alto grado di civiltà. Sicuramente già possedevano un’estesissima rete stradale, già disponevano di un efficiente servizio di poste e già esercitavano attivissimi scambi commerciali.


Essendo essi presenti anche a nord delle Alpi, vi era per loro l’assoluta necessità di un rapido ed ininterrotto contatto con l’Italia. L’ingente quantita‘ di materiale archeologico scoperto in valle prova infatti che durante quei primi due secoli di dominazione romana, la via del San Bernardino aveva assunto per loro un’enorme importanza. I resti della vecchia «strada romana» ancora ben visibili oggi a monte di San Bernardino sono lì a ricordare ai posteri non solo un loro effimero passaggio, ma un continuo e prolungato dominio del valico.

Nei due secoli di loro dominazione, i Romani importarono a Roveredo ed in valle anche la loro lingua, cioè il latino volgare, che si è poi via via sovrapposto alla lingua dei Reti. Ed è storicamente provato che nel 211-217 d.C., sotto l’imperatore Caracalla, vi fu, da parte di Roma, la concessione della cittadinanza romana a tutti i municipi dell’Impero. Anche a Roveredo ed in valle, dunque, tutti i nati da liberi cittadini diventarono cittadini romani.


Fin dai primi tempi della vittoriosa conquista della Rezia da parte di Tiberio e Druso, Roma vantava potenti fortificazioni con mura e castelli sul Reno. Più tardi, iniziò a chiudere lo sbocco delle valli a sud delle Alpi ed entro le valli stesse. Anche a Roveredo, come nell’alta e media valle, vennero eretti forti e potenti sbarramenti ed i primi castelli contro chi volesse violare il valico del «Mons Avium». Sorsero così la rocca di Mesocco nell’alta valle, quella di Norantola nella media ed il potente sbarramento di Roveredo nella bassa valle.


Dello sbarramento di Roveredo si vedono ancora oggi le rovine che si estendono dal castello di Beffano - Campasc alla mutilata torre sorgente nel vigneto sovrastante l’ex Collegio S.Anna e fino al castello divenuto più tardi dei conti De Sacco e Trivulzio e denominato Castello di Serravalle.

Sappiamo però, che, nonostante la potenza e l’efficacia di questi sbarramenti, truppe di predoni alemanni riuscirono più tardi a superarli. Così successe almeno nel 458 d.C. quando alcune di queste truppe furono sconfitte dal generale romano Burcone ai «Campi canini» a nord di Bellinzona.

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